venerdì 25 febbraio 2011

e così si ricomincia


http://slurl.com/secondlife/Ctrl%20Shift%20H/55/143/23
e così si ricomincia. Non ha senso trascinare un'esistenza che ormai è solo l'ombra di se stessa. E' questo il primo post originale di questo blog, il primo dopo la lunga serie di libero.it
Non ho cambiato per nascondermi, nè per scappare. Se volessi nascondermi non pubblicherei il mio diario sul Web. Benchè sia più protetto qui che in altri luoghi, tuttavia non posso impedire che ognuno interpreti a suo piacere ogni mia parola. Talvolta è successo, in passato, con fraintendimenti drammatici o divertenti, a seconda dei punti di vista. E' il problema di ogni parola scritta...
Non ho cambiato per ricominciare, questa è solo una coincidenza temporale fra eventi...
E' il mio luogo dei sentimenti, questo. Lo metto qui, perchè affidarlo alla concretezza della realtà fisica sarebbe un controsenso, come un umano che affidi i suoi pensieri ad una macchina...
Sarà il mio luogo della tristezza, forse, per un po'. Perchè nascere fa sempre male, dicono. Rinascere allora farà male due volte, forse.
Non mi sento rinascere, al momento. Sento solo il bisogno di ricominciare. Di indossare l'armatura e partire di nuovo. Partire per dove? Non lo so, non l'ho mai saputo eppure ho viaggiato tanto. Immagino, per ogni posto dove il tp mi porterà. Partendo dal mio inventory: devo alleggerire lo zaino 

venerdì 18 febbraio 2011

2Lei.




Non voglio Violenza. Non la voglio negli atti, ma non la voglio nemmeno nelle parole. Non la voglio, non ne voglio nemmeno l’ombra o il respiro. Non la voglio, e lo dico prima che mi entri dentro l’anima e dentro la testa. Se ho sbagliato posso pagare, ma non presentarmi il conto in anticipo, non spetta a te farlo. Te lo dico sottovoce, ma con gli occhi aperti sui tuoi. Te lo dico con la dolcezza mia, ma con la mia sofferenza ferma: non sei nessuno più di me, non ha senso e se non ha senso non è Vita. 



(pubblicato originariamente in data 26/01/2011)

La Befana vien di notte...




(pubblicato originariamente in data 06/01/2011)

Il fotografo di anime

Foto di mo_werefox
Difficilissimo scrivere questo post 
Ci sto pensando da giorni e giorni, è come una foto che si ha in mente e di cui non si trova la luce giusta, la prospettiva più efficace. Lui con un click sistema tutto, ti spiattella lì l'anima tua come non l'avevi mai vista, eppure la guardi ogni giorno, e sei sicura di non avergliela mai mostrata, mica vai in giro denudata, al massimo un pezzettino di caviglia, giusto quel filo di carne sotto l'orlo della gonna.
A me ho l'impressione non basterebbe l'intero vocabolario, per ritrarlo. Anche perchè è ricco di contraddizioni, è tutto un chiaroscuro. Eppure è tanto che voglio farlo, come piccolo regalo al pari di quelli che ho ricevuto, gratitudine sorridente per piccoli preziosi momenti. Qualcosa di unico lega a lui, un filo sottile e di perla, come ragnatela: resistente, ma quasi invisibile al punto da dubitare che ci sia. Però non è l'uomo-ragno  La sua parentela con Narciso non è scontata come in molti altri: sarà, che ne so, lontano cugino.
Affinità elettiva, come ce ne sono poche. Quella capacità straordinaria degli elementi intorno di combinarsi in maniera unica, creando un'impalpabile atmosfera attrattiva. Lo circonda, con leggerezza, ed ecco l'uomo-scorpione. Fascinoso con noncuranza, complicato come un enigma la cui soluzione è talmente semplice da essere impossibile. Custode di un'intimità inviolabile, è adorabile a patto di rispettare le distanze imposte da un pungente orgoglio e da una libertà più forte del vento, che invariabilmente lo riporta lontano. Denuda, con metodico pudore. La distanza diminuisce pericolosamente, fino a sentire il suo fiato nel tuo. Allunghi una mano a toccarlo... e scompare. Oppure la distanza si dilata, tu chiami ma non sai se a rispondere è lui o l'eco. Solo il suo profumo rimane, e la nota calda del bacio sulla gota. Chi ha paura della notte?
Ops. L'ho fatto. Sì ma mica è tutto qui... 



(pubblicato originariamente in data 05/01/2011)

Un mondo di cugini

Vabbè che è appena passato Natale, festa di famiglia per eccellenza dove ci sentiamo tutti fratelli. Vabbè che si va verso la globalizzazione, tutto il mondo è paese ecc. ecc. Ma quello che sta succedendo in SL va oltre l'ordinario, decisamente! 
Entro qualche giorno fa, dopo giorni di solitudine passati a vagare in land deserte, fuggendo anche solo l'ombra degli avatar di passaggio, decido di tornare alla civiltà. Mi piazzo quindi in una land ben popolata, per l'esattezza mi metto sul divanetto di Astral Dreams a guardare la gente che passa. Sbirciatina nei profili, lavoro di fantasia sulle second vite e le prime facce... insomma, passatempo piacevole, un po' come stare in panchina in stazione, o affacciata al balcone, e cercare di indovinare la storia e il carattere dei personaggi che sfilano 
Mi colpisce uno che di cognome fa Resident: simpatico, penso, "residenti" è il nome con cui vengono designati gli utenti di SL. Un po' come chiamarsi "Terrestre" in RL. Poco dopo... un altro Resident  Curioso, ma succede che qualcuno scelga il cognome uguale al compagno/a, per cui non mi stupisco più di tanto. Solo che dopo un po'.... un altro Resident  e poi un altro, e un altro, e un altro....
Caspita... ma che succede? Nooo, non ci posso credere... avevo sentito di un cambiamento della Linden alla politica dei nomi... ma... vado a vedere nel wiki... OMG 
Tutti i nuovi iscritti si chiameranno Resident. Punto. Fine della varietà di cognomi, vagamente ispirati alle diverse lingue e alle diverse etnie, cambiati ciclicamente in modo che più o meno, dal cognome, potevi intuire l'età dell'avatar, oltre che gustare la fantasia dell'accostamento tra il nome (liberamente creato) e il cognome (come dicevo, da scegliere in una rosa piuttosto ampia benchè predefinita). Fine delle assonanze simpatiche, delle combinazioni più o meno spiritose, di quelle briciole di sè che ciascuno svelava attraverso nome+cognome...
Tutti cugini sono diventati, gli abitanti di Second Life. Un mondo di cugini... Ma ve lo immaginate? L'omologazione del Metaverso.... Mo Resident.... AAARGH 


(pubblicato originariamente in data 03/01/2011)

La leggenda della sposa mancata




Veglio la notte e in piedi ti attendo
per dissolvermi alle prime luci dell'alba.
Di nebbia e rugiada mi sciolgo
appena il tuo profilo colma l'orizzonte.
Ma t'ho visto.














(pubblicato originariamente in data 28/12/2010)

Caccia al tesoro nella piramide di famiglia

Ieri sera si è affacciato il mio lato Lara Croft, non ho perso l'occasione per due salti adrenalici in solitudine, tanto per smaltire qualche panettone pixelloso, e ho raggiunto l'ingresso di una piramide che prometteva di essere la tomba di un fantomatico faraone con relativo fantomatico tesoro 
Occasione ghiotta, che vi ho documentato pure in immagini, il posto è semplice, aver visto qualche film di Indiana Jones basta per intuire tutti i trabocchetti e la possibilità di volare, che curiosamente gli owner della land non hanno tolto, rende il percorso più liscio di una pista di pattinaggio su ghiaccio . Tuttavia la caccia al tesoro è stata simpatica, tra ragni che mi si appiccicavano come lo zucchero del pandoro alle dita, mummie o coccodrilli che mi inseguivano come mogli petulanti con mariti distanti, trappole che si aprivano sotto i piedi all'improvviso come avvisi delle tasse e scarabei fortunati che scorrazzavano ai miei piedi, come tanti piccoli fastidi quotidiani che non hai il coraggio di schiacciare una volta per tutte .
Si arriva presto nella sala della regina, ma una vocina gentile dall'Ade vi fa presente che quella non è ancora la sala del Faraone, per cui bisogna pazientare, scostare qualche ragnatela, infilarsi in qualche cunicolo. Quando finalmente si arriva, la sala è ampia e tutta d'oro esattamente come ce l'aspettiamo, con Anubi a salutarci e a ricordarci che il tempo, tutto sommato... è una convenzione 
Purtroppo il tempo è stato convenzionalmente tiranno, e sul più bello che mi apprestavo a un momento di piacevole relax dopo tanta fatica, nella tenda beduina appena fuori dalla piramide e in piacevole compagnia, anzi, con la compagnia più piacevole che conosco in questa landa di solitudine... proprio in quel momento, proprio sul più bello... ho dovuto de-rezzarmi 
 




(pubblicato originariamente in data 27/12/2010)

Inseguita da bizzarre creature possedute da un insano desiderio

Il titolo sembra tratto da un film di Lina Wertmuller, lo so. Anche l'atmosfera grottesca ci sta tutta, in quello che mi è capitato l'altro giorno. D'altra parte, mi sta bene, mi sta proprio bene. Me la sono cercata, con tutto quel andare in giro in cerca di land dai nomi disperati, tipo Starvation, Desolation, No Salvation ecc. ecc. 
Ovviamente prima o poi sarebbe capitato, all'ennesimo click su TELEPORT TO DESTINATION di trovarmi in una land oscura più oscura delle altre. Non che mancasse la luce, eh, anzi. Sono atterrata a mezzogiorno vicino a una fattoria ridente, accanto ad un falò scoppiettante con tanta gente intorno a far festa. Solo che.... la gente... non era gente. Erano tanti... mostri, mezzi uomini mezzi animali, per essere precisa: ho realizzato di essere circondata da fauni, licantropi e chimere varie. Insomma, la scena da pic nic cominciava a somigliare ad un incubo, soprattutto nel momento in cui si sono accorti di me e hanno cominciato a fissarmi, avvicinandosi piuttosto minacciosi. Un'occhiata ai molti strumenti strani seminati nei dintorni mi ha convinto che era il caso di darsela a gambe levate, così ho cominciato a indietreggiare velocemente e non mi sono accorta di una grossa buca nel terreno... cielo! Ci sono caduta come una pera matura! Per fortuna l'atterraggio è stato morbido, un tappeto di muschio all'interno di una grande grotta 
Proprio fortuna non è stata... mi sono salvata dai licantropi e dai loro amici ma... GOSH  la grotta era tutto un brulicare di stranissime creature tentacolate, vegetali carnosi e viscidi che hanno cominciato a strisciare verso di me con una velocità vorace. Non ho fatto in tempo a rialzarmi che la prima pianta mi ha raggiunto e ha cominciato a salirmi sulla gamba, dentro i pantaloni    Mi sono alzata di scatto con ribrezzo e l'ho allontanata con un calcio (uff, la mia mania di andare in giro scalza, un paio di stivaloni mi avrebbero fatto comodo in quel momento). Mi  sono appoggiata ad un uovo innocuo tutto verde e lucido, giusto per prendere fiato. Solo che non era un uovo  o meglio, era un uovo trasmutante che mi ha avviluppato in spire unte e scivolose, cercando di inseminarmi . Mi sono liberata anche di lui e ho cominciato a correre in cerca dell'uscita, stando ben attenta a non toccare altro in quel posto dove ogni melma verde poteva prendere vita in qualsiasi momento e usarmi come mezzo di riproduzione. Finalmente sono arrivata in una grotta più piccola, tutta di roccia grigia, e mai il grigio è stato così rassicurante  Aspetto un po': sì, la roccia è veramente roccia, sta immobile. Tiro il fiato, dò un'ultima occhiata alle mie spalle: il verde della grotta sarebbe stato anche piacevole, se non fosse stato per il rimando continuo a liquidi fisiologici... Bene, i vegetali sembrano essere confinati di sotto. Rassicurata, decido di fermarmi un attimo e mi siedo ai piedi di una statua. Scelta infelice: mi serra in un pietroso abbraccio da cui riemergerò solo mezz'ora più tardi, ma i dettagli non li saprete mai 



(pubblicato originariamente in data 19/12/2010)

Il sorriso della solitudine

C'è una solitudine che non abbandona, nonostante il rumore della folla a confondere e la musica alta a soffocare emozioni e le mani addosso e i bisbigli impudichi nelle orecchie.
C'è una solitudine che assiste impassibile alla volgarità che mi spoglia e fruga nella mia intimità, perchè io non sono lì e non mi importa di nulla.
C'è una solitudine che rimane, piaga aperta insensibile ad ogni anestetico e ad ogni tentativo di ignorarla o di affogarla in un oceano insensato di emozioni. 
C'è una solitudine che resiste anche alle carezze, benchè grata come il suo sorriso.
C'è una solitudine incolmabile, perchè ha la tua forma e quella di nessun altro.
Puoi capirlo?

Allora gridamelo, che lo capisci.


(pubblicato originariamente in data 16/12/2010)

Il mistero dell'onda

Ero stufa degli uomini, e di una SL che scimmiottava supinamente la RL. Per questo afferrai al volo il primo filo di aquilone che riuscii ad aggrappare, e mi lasciai trascinare dai venti. Mysterious Wave, scriveva l'aquilone sul suo dorso, ma appena atterrai su un mucchietto di sabbia rossa in mezzo al mare, trovai ad accogliermi un paesaggio mozzafiato e una grande scritta dorata che galleggiava sull'acqua: le bout du monde. La fine del mondo. Nessun umano era presente alla fine del mondo: stavo nel posto giusto.
Foto di mo_werefox
Due porte si aprivano nel nulla. Mi buttai in una a caso e arrivai su un atollo sospeso. L'aria era rarefatta, come la musica. Lentamente, senza che me accorgessi, iniziò la mia metamorfosi. La pelle si schiariva, in quella terra dall'alba eterna. Mi trovai ben presto albina, mentre i segni neri della solitudine solcavano la mia carne. Stavo diventando una creatura elfica. Trovai un mantello rosso per coprirmi e una mano aperta nell'acqua: era grande abbastanza per accogliermi tutta, e mi stesi a riflettere la mia nuova immagine nello specchio d'acqua. Quando sollevai lo sguardo, strane creature immobili stavano erette in lingue di sabbia e terra. Mi avvicinai ad ognuna, ad ognuna lasciai unacarezza. Uno scoglio interrompe la dolcezza del paesaggio sabbioso. Uno scoglio spoglio. Ma non può essere, tutto qui è armonia, a suo modo: cosa ci fa questo disarmonico ammasso di roccia spigolosa? A meno che... a meno che il suo cuore non nasconda vita: così è, e al tocco gentile si svela
Tornai al punto di partenza, infilai l'altra porta, che mi portò con una giravolta su due isole innevate, sospese fra le montagne e il cielo rosa. Nevicava, una carrozza aspettava un improbabile Babbo Nachele mentre una sottile scultura di ghiaccio si cibava di un temerario essere umano che aveva osato sfidarla. 
Nel bianco mi distesi, nel bianco mi confusi, nel bianco mi sciolsi. Solo il mantello rosso rimase, rifiutando di sbiadirsi alle intemperie. 


(pubblicato originariamente in data 02/12/2010)

Neri come corvi, bianchi come neve

Una macchia scura attira il mio sguardo da lontano: una macchia scura nel candore del manto nevoso, in contrasto con il cielo rosa pallido. E' un pezzo di muro, sopravvivenza di qualcosa che è rovinato. Dentro, una gabbia d'uccelli. Dentro la gabbia, un corvo. Grande, con le ali aperte che urtano le sbarre.
Ci sono due corvi, in verità: uno, appena più piccolo, è posato sul muro. Libero, eppure fermo, a guardare sgomento il compagno in gabbia. Libero, eppure immobile al suo posto, muto spettatore - o spettatrice? - di un'ordinaria tragedia. Il compagno, prigioniero, ha rinunciato ad ogni velleità, ha rinunciato persino a se stesso. Le ali aperte - ora comprendo - non cercano di spiccare il volo oltre le sbarre, sono una rassegnata offerta di sè al destino. E la compagna sta immobile, e la sua fissità la rende complice del consumarsi altrui e il legame è per lei una gabbia più forte di quella con le sbarre di ferro. Libera, ma non più libera, condannata a vivere il silenzio dell'agonia dell'altro. Dell'amato. Ma che cos'è amore? Non è lottare, non è strappare l'altro alla punizione che si è inflitto, non è gridare che c'è altra vita oltre quel monte?
Vorrei spaccare la gabbia e liberarle entrambe nel cielo carico di neve, ma so di non poterlo fare. Talvolta - o sempre? - la libertà va rispettata oltre ogni raziocinio. Mi allontano, il rumore dei passi attutito dal manto bianco, rispettando quel mortifero silenzio che fa risuonare un'eco dolorosa nella mia anima.  Sto per attraversare il ponte di ghiaccio, e invece mi fermo. Torno indietro. Mi siedo nella neve, vicino al muro. Resto.







(pubblicato originariamente in data 02/12/2010)

L'equilibrio delle solitudini

Poichè mi manchi, scrivo di te. Scrivo di come siamo capaci di parlare per ore del nulla, e di come poi in un attimo arriviamo al più intimo. Scrivo dei mille argomenti che siamo capaci di tirar fuori in poche ore, senza approfondirne alcuno perchè tanto ci servono solo a ripetere le stesse due parole, ininterrottamente. Scrivo delle tue domande inaspettate, che mi fanno sentire come se ad una cena di gala improvvisamente restassi senza gonna in mezzo al salone, in mutande davanti a tutti, dopo aver passato tanto tempo a prepararmi. E mi arrabbio , perchè sveli a me stessa il costume che porto, la maschera che avevo modellato così finemente da farla aderire perfettamente ai miei lineamenti fini, da non sentirla più. Nessuno l'aveva fatto, finora.
Ma tu vai oltre, perchè insieme alla maschera e al costume, mi strappi la pelle. Pacato, amorevole, impietoso. E mi arrabbio, perchè hai ragione, ma non sempre, perchè devi ancora imparare ad ascoltarmi, sei migliorato ma puoi migliorare ancora, e se non mi ascolti allora capita che le tue diventino solo sentenze e posso dire non hai capito. Ma il più delle volte capisci, oltre la tua stessa capacità di comprensione, oltre la mia, e allora apri ferite che poi ci metto un po' a fasciare. Faccio anch'io così con te? Non lo so, ma sono quasi sicura che ci facciamo spesso e involontariamente del male, perchè l'uno di fronte all'altra siamo senza pelle e allora anche una carezza può essere abrasiva. Così fragili, da dubitare io di te e tu di te stesso, al punto che ti chiederai se sto parlando veramente di te, senza renderti conto che di chi altri potrei parlare se non di te? E tuttavia, quando siamo costretti a separarci, viaggiamo in parallelo, senza perderci di vista, perchè essendo senza pelle, quando ci siamo incontrati le nostre anime, le nostri carni si sono sfiorate, si sono confuse senza soluzione di continuità, e ora ciascuno porta in sè qualcosa dell'altro. 
Lo so, brontoli al sentirmi parlare di anima , ma come definire quell'intima essenza di me a cui sei arrivato senza mediazione, con gentilezza brutale e disarmante? 
Sarà per questo che... il resto te lo dico in privatissima IM 

(pubblicato originariamente il 23/11/2010)

La Grande Madre e la Piccola Figlia

Atterro su una montagna con lingue di fuoco alla sommità, ma nulla nel paesaggio è temibile, anzi. Laforesta si estende impenetrabile e fittissima ai miei piedi, un mare verde che sfuma nelle acque blu che circondano quest'isola incantata.
Dò un'occhiata al paesaggio vasto, poi mi tuffo negli alberi. Comincio a farmi strada nel sottobosco. Questo posto è un susseguirsi di incanto e contemplazione, la musica lenta e dolcissima invita la mente ad aprirsi ai misteri che nasconde con un sorriso. Non è cupa, quest'isola, nonostante la vegetazione rigogliosa che la ricopre gelosa. La luce si apre varchi improvvisi e inonda il verde di riflessi. Un corso d'acqua percorre la foresta, e decido di seguirlo. Di tanto in tanto globi luminosi scivolano fra i rami e gli sterpi, a segnalare qualche forma di vita che mi osserva. Piccole tracce, piccoli oggetti abbandonati che raccolgo: pietre, foglie, una piuma. Sono tutta intenta in questa caccia al tesoro elfico quando ad un tratto la musica tace, i rumori della foresta pure.
E' allora che la vedo: bianca, immobile, dormiente. La Grande Madre. La vedo e mi siedo, su un tronco a terra. Non mi avvicino: non mi sento piccola di fronte a lei, non mi sento protetta di fronte a lei, la guardo e basta. L'ho vista e lo stupore m'ha preso. La guardo e una sottile ostilità si infila. Che avrai da dormire quanto tutto è lotta e sofferenza? Nessuno ha il coraggio di interrompere il tuo riposo, persino le foglie interrompono il fruscio, eppure avrei voglia di gridare, di scuoterti, ma l'idea di toccarti mi ripugna e non voglio incontrare i tuoi occhi. Distolgo i miei, temo che la fissità del mio sguardo ti risuoni, frastornante come il lacerante grido che ho chiuso nella mia anima. Mi appoggio con la schiena al grande albero che ho dietro, ma non chiudo gli occhi, non mi fido. Continuo a controllarti, di sottecchi. Assorbo l'energia del padre, ma è un padre senza maiuscole. Mi alzo: camminerò fra gli elementi, padroneggerò la loro forza, mi impossesserò della furia. Solo allora tornerò, forse, tornerò da te.



(pubblicato originariamente in data 20/11/2010)

Stavo per venirmi a noia

Stavo già per puntare il search sull'ennesima land gotica/noir/cimiteriale/post-punk, ma mi sono fermata. Stavo per venirmi a noia. Non che mi sia stancata di cercare una rappresentazione grafica al tormento che nutro con la perseveranza dello scorpione, questo no. Ma sono consapevole del fatto che talvolta anche il lamento deve cessare, che la narrazione deve cambiare registro ogni tanto per rimanere fluida, fosse pure una narrazione di sè.
Così ho messo nel search un posto suggeritomi da un amico fotografo. Quali guide migliori di chi passa la vita seconda a cercare paesaggi mirabili da ricreare in suggestivi scatti? L'unico problema era che il suggerimento era di molto tempo fa, per cui non sapevo bene cosa aspettarmi, in che tipo di paesaggio sarei atterrata. Ma questo non è mai stato un vero problema per Mo, intanto si va è il mio motto .
alirium... il nome è poetico, assomiglia vagamente a delirium ma questa è una distorsione percettiva del mio umore in questa epoca . Bando alle ciance, bando alle negrità degli ultimi tempi, si parte. Cielo, le prima impressione appena atterro potrebbe essere bucolica, è tutto rosa e azzurro e colori pastello, sembra di stare in un bon bon se non fosse per tre giganteschi conigli vagamente sinistri che sorvegliano un pozzo.
Due cartelli per due direzioni: alirium gardens e fall into decay. Inutile dire che scelgo quest'ultima, la caduta... Arrivo solo in un negozietto alla fine del pozzo, un posticino da relax. Ne approfitto per prendere un vestitino baby-style, mi sembra più adatto al posto. Tolgo anche gli stivaloni, non mi resta che esplorare gli alirium gardens, ma in giardino si va scalzi . Infilo un tunnel chiaro e.... il resto è poesia di pixel. Niente a che vedere con la complessità dei castelli che ho profanato con furore dolorante fin qui, cercando brandelli di anima sconosciuti anche a me stessa. Qui è tutto armonia evidente, al punto che cercare l'anima è superfluo perchè l'anima stessa si manifesta, richiamata dalla bellezza e dalla luce. Emerge lenta, si apre come un bocciolo sotto i raggi del primo sole, e non resta altro che sentire lo scorrere del tempo dentro e fuori di sè...
Unica nota che manca: la musica. Allora, per accompagnare le foto che ho fatto per voi, vi suggerisco pure la colonna sonora 

(pubblicato originariamente in data 07/11/2010)