venerdì 29 aprile 2011

Lasciata da un coniglio

No, non è un post sulla vigliaccheria degli uomini. Qualcuna delle mie amiche direbbe che non basta un blog intero, per narrare di quella 
Il titolo è invece da intendersi in senso letterale. Ricordate i miei conigli?
Quelli che con alterne vicende mi avevano tenuto compagnia, quelli che avevo stropicciato nell'inventory che alla fine avevo parcheggiato nella mia casa-prestata? Mmm.. ora che ci penso, forse vi avevo raccontato solo di uno, MisterQ. Beh, per farvela breve, quando MisterQ era sparito ed io ero affranta, per consolarmi il mio amico Akim mi aveva messo in braccio il rosso Arish. Da quel giorno sono andata in giro con due conigli (sì, perchè poi MisterQ era tornato). Come vi avevo detto, ultimamente stavano nella mia bolla, lì non cresce erba  ma almeno erano al sicuro e infatti prosperavano. Ormai stavo imparando ad arrangiarmi, non avevo neanche più bisogno che Patsy mi ricordasse di loro. Fino a qualche giorno fa. 
Mi ero allontanata per un paio di giorni, ma questo non era mai stato un problema: erano conigli, non cani, e per di più conigli di pixel. Ero sicura di aver lasciato cibo e acqua a sufficienza, per cui come spesso accade, non solo mi ero allontanata tranquilla ma mi ero pure dimenticata di loro. Insomma, rientro e trovo un biglietto sul frigorifero:


Thank you for caring for me, it is time for me to return to Oz...please keep this to remember me by!    I'll miss you! 


e poi, come a chiarire, se non avessi capito bene:  ( Bunny has lived its lifespan. )



Andato? Andato dove? Dov'è Oz? Il coniglio ha vissuto la sua vita? OMG
Mi sono precipitata a controllare in giro, ho ribaltato l'inventory, ho letto il blog dei suoi amici per trovare qualche traccia... Niente. Scomparso proprio. 
Mi sono ricordata dell'altro, sono tornata indietro di corsa ma MisterQ era lì, almeno lui, tranquillo. Allora mi sono fermata, l'ho preso in braccio e ho cominciato a elaborare... 
Ci sono sentimenti, forti o lievi che siano, che nascono quando ciò che li custodiva scompare. E ci sono cose che sono importanti non in sè, ma per il significato che hanno, perchè sono simbolo di qualcos'altro. Così era Arish per me.
Grazie per esserti preso cura di me... a pensarci, è il saluto più bello che ci si possa fare, quando arriva il momento, e non importa il tipo di relazione, la sua durata, le modalità di incontro... Ogni relazione dovrebbe essere una relazione di cura. Reciproca, e moderatamente sollecita...
Quello stupido coniglio, ora che ci penso, è sparito il giorno di Pasqua: pure spiritoso. Manco fosse un agnello...







mercoledì 27 aprile 2011

Il romanticismo mi fa venire la carie. Ma non sempre.

La finestrella dell'IM che si apriva con il suo saluto fu un piccolo squarcio di sole. Erano secoli che non lo sentivo, al punto che ormai mi chiedevo se non fosse migrato del tutto, e nel pensarlo, un velo di nostalgia scendeva. Invece eccolo lì, un tp ed era davanti a me. O meglio, io ero davanti a lui, perchè mi aveva tippato lui, da vero gentiluomo. Ma sì, rispolveriamo un po' di amor gentile...   Non gradisco molto i mezzi uomini che chiedono sempre a me di scegliere, in effetti . Se ho voglia di trascinare qualcuno in un posto preciso non mi faccio pregare, ma altrimenti preferisco farmi portare. Un po' come le donne che, pur sapendo guidare benissimo, lasciano il volante al cavaliere di turno (sì ma... non se la macchina è la mia  ).
Vabbè comunque lui invece è uno che ci sa fare, così non perdemmo tempo con malumori da TP inopportuni e ci trovammo con i piedi scalzi nella sabbia calda di un tramonto. Un piccolo sorriso mi illuminò il cuore, a vederlo. Ci sono rapporti impermeabili al tempo: basta un'occhiata o una battuta a farli rivivere. Il feeling con lui c'era sempre stato, speciale e indubitabile, e benchè sepolto sotto coltri di orgoglio, ogni volta ne usciva, come avesse i piedi troppo lunghi per quelle coperte.
Dopo pochi convenevoli in piedi, ci trovammo spontaneamente seduti in mezzo a quel piccolo deserto familiare, uno di fronte all'altra, i miei piedi nudi a sfiorare i suoi fianchi. Le parole uscivano fluide, com'era sempre dopo le prime battute che servivano ogni volta, circospette, a studiarsi reciprocamente per un attimo. Le sue osservazioni mi piacevano, è sempre stato un interlocutore non banale, quel raccontarsi piano mi scaldava al punto da sciogliere nodi non suoi, fra piccole lacrime invisibili e sincere risate.
Mi fermai a guardare il suo aspetto curato, i lineamenti sottili, a farmi cullare dal ritmo delle sue parole e dal battito del suo cuore nobile. Mi stavo preparando ad un'altra probabile lunga assenza. Allungai la mano per accarezzargli il viso, la trattenne e la sfiorò con un bacio lieve che mi percorse tutta la schiena, brivido insolito in quel aria di tropici...
Quando i nostri corpi si avvicinarono, la luna si allontanò, lasciando che il pudico velo della notte celasse al mondo il resto...






PS: sì lo so cosa vi viene in mente a questo punto...   http://www.youtube.com/watch?v=0ddeMZS9Hs4

venerdì 22 aprile 2011

Era una serata perfetta per meditare sulla magia del mondo



E così... quella era Stonehenge. L'originale, la versione intatta, forse. Il dubitativo è d'obbligo per quel posto del mistero, dove il senso del tempo si inabissa oltre la Storia e il cerchio della Vita sembra tornare all'Origine.  Raggiunsi uno dei megaliti nel circolo esterno e mi stesi.
La pietra fredda sulla pelle della mia schiena contrastava con l'aria già calda di quella sera primaverile. Una solitudine soffice allagò piano il mio cuore e la mia mente, e i pensieri cominciarono a partire. La colonna sonora era decisamente rock, ma le pietre millenarie accoglievano tutto, assorbivano anche l'energia negativa della mia fatica di vivere e generose restituivano il potere del mistero. Il soprannaturale e il trascendente. Il rock mi legava alla terra, la pietra mi innalzava all'Infinito. Che combinazione.... rock e pietra sono dello stesso materiale, in inglese... the rock tied me to the ground, the rock lifted me to the infinite... 
Il cielo era pieno di stelle, il mare rifletteva. Era una serata perfetta per meditare sulla magia del mondo.

Non c'è il mare a Stonehenge. No? Ma questo lo credete voi, invece nella mia Stonehenge il mare c'è. Eccome. Vabbè, non è la mia Stonehenge, è la Stonehenge di MarkWD Helendale. Ma sta lì... sta nel nostro mondo, e quindi è un po' di tutti, è un po' anche mia. Andate a visitarla, e sarà un po' anche vostra. Ma.... non portate via le pietre per ricordo 


giovedì 21 aprile 2011

come lacrime nella pioggia

E' una serata piovosa, questa. Non so se piove fuori, dentro piove senz'altro. Ricevo un TP da Aloisio Congrejo, mi invita a vedere una delle sue mostre. Arrivo in una specie di magazzino, roba da archeologia industriale, ma l'ambientazione è perfetta per quello che vedo. Non sbaglia un colpo, Alo. Alcune sculture nei colori del ghiaccio. Il ghiaccio quello dei primordi però, quello che ha conservato in sè le prime forme di vita, pronto a rigenerarle nelle condizioni adatte. 
Ma solo più tardi mi accorgerò di loro. E' la serata giusta per incontrare Roy, invece, che sta seduto lì, in mezzo alla grande sala. Piove anche su di lui, e dentro di lui. Il Roy di Blade Runner, quello che ha visto molte cose che gli umani non si possono neanche immaginare... i raggi B sulla porta di Tannhauser, per esempio, ma sospetto che abbia visto cose peggiori. Sospetto che abbia dato un'occhiata alle voragini delle miserie umane. Mi siedo accanto a lui, ha l'aria di chi sa che sta per finire. Jeff Buckley canta Hallelujah
Ogni tanto mi stupisce la straordinaria assonanza di musica e immagini e sentimenti di certe occasioni. Strano, mi ha sempre fatto paura, fino a questo momento, lo sguardo senz'anima di Roy, più ancora che le sue violenze. E' quello che spaventa, il vuoto dentro gli occhi, perchè sai di non poter trovare umanità. L'umanità è debole, ma è anche calda. Qui niente, qui solo freddo, vapori e pioggia battente. Eppure oggi ci sta, e mi avvicino e non temo, e quasi mi spavento per non aver più spaventi. Solo la rassegnazione acquieta il timore, ma rassegnazione è una parola che non mi è mai piaciuta e pensavo non piacesse neanche a Roy. Invece sta qui, in mezzo ad altre opere di Aloisio, e comincia a parlare piano. Racconta e suona all'unisono con quello che ho dentro. Racconta di miserie, lo sapevo che le aveva viste e che ne portava il marchio dentro. Abituati a portare il dolore degli altri, ci si disabitua al proprio e quando arriva è una sorpresa che non aspettavi.
Lo so, caro Roy, lo so bene. Conosco il dolore che incattivisce, l'assenza che stringe il cuore fino a fargli perdere ogni forma. Lo so che quando perdi il cuore ti sembra che solo la forza bruta rimanga e la forza cresce più il cuore scompare, perchè il dolore ha un'energia che bisogna far uscire in qualche modo. Però... facevi veramente paura. 
E tutto perchè ti mancava il padre. Ma... sicuro che davvero ti mancasse? Non era meglio se ti mettevi a cercare la Madre? Perchè guarda, onestamente, è difficile trovare un Padre, oggigiorno, sono in via di estinzione. Pensaci... chi ti ha portato qui? Un Padre? No... secondo me un  Fratello. E' un fratello che ha raccolto le tue forme, le ha portate qui sperando di darti un po' di riparo, ti ha restituito la voce. E poi se n'è andato, perchè i fratelli ci sono, ma non restano. D'altra parte, te l'ho detto, i padri non ci sono più, è dall'Antica Roma che hanno cominciato a scomparire. Con le madri va un po' meglio, resistono, ma anche lì... non è da escludere che prima o poi si arriverà a generazioni che si autoproducono, come siamo io e te, in fondo. Suona un po' triste, un po' amaro. La sapeva lunga Jung, quando parlava di quegli archetipi scolpiti dentro di noi che incessantemente continuano a determinare le forme del nostro amore... dovrò finalmente decidermi a leggerlo, Jung. 
Che poi quello che cerchi, caro Roy, tu come tutti,  è l'Amore del Padre, una cosa ancora più rara del Padre, da queste parti. Lo sai cosa dice Peck? E' uno psichiatra americano, e lo so che gli psi sono talvolta più pazzi dei loro pazienti, ma nella follia talvolta c'è un lampo di verità... Beh lui dice che ciascuno porta in sè  il desiderio del perfetto abbandono nell'Amore, e ciascuno cerca a suo modo di trovare qualcuno che gli permetta di realizzare questo desiderio, ma... è un desiderio che nessun qualcuno è in grado di realizzare. Forse solo un Qualcuno.
La colonna sonora è passata a Shine on You Crazy Diamonds. Roy tace, e nel suo silenzio mi perdo anch'io, su quel terreno umido di un magazzino oscuro. 






PS: L'ispirazione viene tutta da "Roy" di Aloisio Congrejo, visibile nella mostra che attualmente è alla Aneli's Gallery. Qui pure il link vimeo con la voce originale di Roy.

domenica 17 aprile 2011

Il corredo di mamma Linden

Mi sono decisa. Arrivata alla versione 2.5eqcs, l'ho installato. Il temibile Viewer2. Quello schifato dai miei amici builder, snobbato dagli amanti degli Alternatives o Third-Parties e temuto da quelli come me che hanno come preoccupazione principale quella di perdere tutto l'inventory in un sol colpo, o di non trovare i comandi ormai familiari (magari in situazioni di emergenza ). Dopo qualche settimana di apprendistato, necessaria per riapprendere le cose che prima facevo in automatico, mi sono data all'esplorazione del corredo di base, quello che mamma Linden non nega ad alcuno. 
E così oggi li ho provati tutti, gli outfit standard che trovate in inventory appena vi registrate. Solo ho mantenuto le mie forme, perchè la prima skin di corredo che ho provato integralmente mi dava talmente l'aria da niubba che l'AO mi si è staccato da solo, per disperazione. 
Non intendevo, all'inizio, provarli proprio tutti, ma il primo non era male, il Female Action:






Con il secondo, Cosplay, ho provato anche i capelli. Bah... se piace il genere... l'unica cosa che salverei sono gli stivali di gomma rosa:




L'outfit da Student fa un po' troppo campus americano, però non è male:




Carino il Bollywood: oddio, il sari assomiglia vagamente al mio copridivano, ma insomma...





Il Goth non ha niente di che, un completino nero e bianco che fa molto giornata in ufficio...




Per la Fantasy mi aspettavo almeno un paio d'ali, invece solo un vestitino simil-medievale:






Per la versione Cyborg ho dovuto indossare anche la skin, ma dovevo pensarci: non ha vestiti, il cyborg, o meglio li ha cuciti direttamente sull'hardware... In compenso ha di default un coltellaccio (incluso proprio, cioè attaccato alla mano stile edward-mani-di-forbice) utile anche davanti ad una torta di matrimonio, come vedete:




La Rocker mi dava vagamente l'aria di Gianna Nannini qualche decina di anni fa:




Ultima... ho voluto provare la donna media (sic!). 




Pantaloni, camicetta sobria e scollata al punto giusto, cioè poco, mocassini orrendi color testa di moro ai piedi, capelli castani che non vedevano il parrucchiere da almeno una luna. A quel punto, temevo più che mai di indossare shape e skin di ordinanza.... no, dico: con tutta la fatica che faccio per trasmettere all'av i miei desiderata, le proiezioni dei miei stati interiori.... e poi trovarsi con la stessa immagine che lo specchio mi rimanda ogni mattina?? 
Mi è rimasta però la curiosità: ma la skin average.... ce l'avrà la cellulite? Almeno un po'? 








La location del servizio fotografico naturalmente è ad Astral Dreams

venerdì 8 aprile 2011

Quando tutto manca...






...quando tutte le dimensioni sembrano complottare per farti sentire l'inadeguatezza e la solitudine indefinita che ci accompagnerà per sempre.. solo un bel bagno caldo pieno di bolle salva l'anima 

PS: grazie Patsy! Fantastica questa vasca 

giovedì 7 aprile 2011

Di mente e di corpo, tra Mo e Me.

Benchè avatar e controfigura organica condividano la stessa materia cerebrale, raramente c'è una completa sovrapposizione tra loro. Sono piuttosto due personaggi di una stessa pièce, interpretati dallo stesso attore. Tuttavia... E' forse l'attore meno se stesso quando interpreta un personaggio? E' forse il personaggio meno se stesso quando viene interpretato da un bravo attore? Il bravo attore vi dirà che ogni personaggio interpretato vive ora dentro di lui e lui non smette per questo di essere meno autentico, in scena e fuori scena. Un personaggio prende vita solo quando un bravo attore gli presta l'anima.
E' quindi l'avatar un personaggio? E' piuttosto persona, ae: ha dignità di persona di cui rappresenta di volta in volta la pars o il totuum. Il discorso della coerenza tra avatar e controparte è ozioso quanto quello sul sesso degli angeli.C'è coerenza? Talvolta sì, talvolta no. Qualcuno è fiero della continuità RL/SL, qualcuno ne fa un punto d'onore di tenerle separate, qualcuno se ne frega. Ma qui parliamo di una distinzione più sottile: c'è coerenza tra la personalità dell'avatar e quella dell'ammasso organico? Per esprimerci in maniera più semplice, c'è continuità o separazione identitaria tra Mo e Me? E' evidente che non può esserci separazione completa, ma è anche semplicistico pensare che Mo sia Me e viceversa.
Se anche la realtà virtuale non fosse che un gioco di ruolo, c'è un intergioco tra ruolo e persona, talvolta ha senso distinguere, talvolta no. Ugualmente, parlare di unitarietà dell'esperienza di sè è fuorviante e limitato, benchè necessario. Non dimentichiamo tra l'altro che la vita quotidiana di ogni Me è piena di ruoli che entrano pure in conflitto tra loro. Viviamo realtà diverse, ci troviamo in situazioni diverse, siamo sottoposti a stimoli diversi. Come Mo e Me. Due aspetti della stessa identità, due facce della stessa medaglia.
Drammatico è il versarsi dell'una figura nell'altra, talvolta. Altre volte, spontaneo e continuo flusso di esperienza.
Me è il contenitore delle angosce di Mo, e Mo è la rappresentazione grafica dei tormenti intimistici di Me ma pure l'oggettivazione della libertà dall'essere. Mo è sperimentazione, dove Me è costanza, Mo è esasperazione, dove Me è equilibrio. Ma sia Mo che Me sono Bene e Male, sono fatica e soddisfazione, sono Morte, Resurrezione e Gioco.
Come dice bene Botgirl Questi, il bastone ha rappresentato per la scimmia/uomo un'estensione del braccio, la ruota un'estensione della gamba, il computer un'estensione del cervello. E l'avatar un'estensione dell'identità.
Chi non è  d'accordo si faccia sotto 










Le foto di questo post sono state scattate a Crimarizon nell'aprile 2011. 

mercoledì 6 aprile 2011

Il fango e le stelle

Lavai il piccolo pugnale affilato nell'acqua del lago. Peccato e redenzione si stavano mescolando nell'anima, contaminandola di sofferenza. Il fango era viscido come erano state le sue mani su di me, caldo e umido come il suo fiato sul mio collo bianco. Dicono che siamo stati plasmati dal fango, allora forse il mio scendere nel fango era il richiamo delle Origini, il desiderio di ritornare all'Inconscio senza forma. Vi affondavo lentamente, con nessun piacere, con un lieve disgusto persino per me stessa. Perchè mi ero piegata. Senza motivo, senza violenza, come una canna di bambù marcita nel fango che insistentemente la circonda e la penetra, finchè cede.
Una rabbia sorda mi scaldava le viscere ormai corrotte.
Le stelle guardavano il mio corpo contratto, e non erano mai state più lontane.



domenica 3 aprile 2011

Un'altra pelle, un'altra storia


Mi svegliai, stranita. Ero a terra, avvolta in un pesante mantello scarlatto e in un appiccicoso senso di estraneità a me stessa, da cui cercai di riemergere recuperando qualche barlume di consapevolezza. All'improvviso presi coscienza di una appiccicosità altra, umida fra le mie gambe. Un violento flashback mi riportò brutalità e resistenza, angoscia e oppressione: il sentimento dei vinti. Mi rannicchiai, a coprirmi dal freddo dell'ignoto. Avrei voluto chiudere gli occhi, ma la sensazione di estraneità era troppo forte, non voleva essere ignorata e dovetti permetterle di farsi strada. Era quasi l'alba, l'erba sotto e intorno a me apparteneva ad un luogo sconosciuto, non vi ero arrivata cosciente, ne ero certa. Un particolare attirò la mia attenzione: il mio polso era troppo sottile, la mano troppo bianca. Perplessa, più che spaventata, mi alzai un po' a fatica, come se non potessi completamente padroneggiare il mio corpo.

Mi diressi verso un piccolo specchio d'acqua vicino e guardai. L'immagine che mi rimandò non mi apparteneva: pallida ed esangue, minuta. Lineamenti fini che sembravano essere costantemente sul punto di spezzare il flebile legame con la Vita.
Vampiro? Un sorriso debole bastò ad escluderlo, e risi sommessamente di me stessa. Mi sistemai una ciocca di capelli fini, biondissimi e quasi inconsistenti dietro l'orecchio, e in quel gesto compresi: mi ero tramutata in un esemplare della razza elfica. Il seno roseo e appena accennato, il fisico vagamente androgino contrastavano con gli stivali pesanti e l'armatura. Solo la seta purpurea che mi avvolgeva la pelle raccontava il mio essere femmineo. Il pugnale sporco di sangue non mio, che tenevo in mano, diceva altro.