sabato 24 settembre 2011

Through the fire

Bruciava il fuoco, bruciava senza tregua. Mi si appiccò al cuore, e da lì alla mente. Non capivo e soffrivo, bruciavo e avrei voluto diventare cenere, cenere da spargere sul capo in penitenza. Spargere le ceneri al vento e passarci attraverso, nella speranza di ritrovare la purezza originaria come la pezza di bucato nella lisciva.
E invece la cocente consapevolezza dell'illusione, pochè di originario abbiamo solo il peccato. 
Non resta che il fuoco.



giovedì 15 settembre 2011

Una boccata di gas...



Era parecchio che non l'incontravo, e quindi ho preso con piacere l'invito nella land dei Pink Floyd. Non parlo di Dave Gilmour, ma di Patsy Seriman, la mia amica della Luna 
In fondo, che c'è di meglio, ogni tanto, che pascolare la propria melanconia in buona compagnia, sospesa sulla faccia scura della Luna, lontano da tutto quello che si agita sulla Terra?

sabato 10 settembre 2011

Tra bancarelle e giostrai

Serata di giringiri senza molta meta, oggi. Trovo l'annuncio di una svendita di fine stagione al Wash e decido di farmi un giro. Niente di straordinariamente originale, un buon posto per i niubbi al limite ma a loro consiglio sempre di farsi un giro nelle grandi boutique, a raccogliere i gift ci si riempie il guardaroba, e sono cosine carine per lo più. 
Ho trovato un paio di pantaloni sulle bancarelle, ma soprattutto ho trovato un negozio che è riconoscibile tra gli edifici piuttosto anonimi che compongono il mall: è un po' strambo, un po' storto e un po' sgraziato, quindi mi ha ispirato subito simpatia. Pochi articoli bizzarri in vendita, tra cui un paio di Steam Kitty avatar niente male, ma soprattutto l'aria di fantasia che si respira, rendono il luogo degno di una visita. Si chiama... ehm.... BatShit! (il punto interrogativo alla fine è suo, non l'ho messo io).






Comunque, se il palato raffinato non ha goduto appieno in fatto di acquisti, ci si può sempre rifare con il Carnival of Chaos, luna park ai limiti dell'orrido come solo i luna park sanno essere.  




domenica 4 settembre 2011

Annientami





E' un tranquillo pomeriggio di domenica. Nessuno in giro, un'ottima musica come sola compagna. Le condizioni giuste per stendersi sul mucchio di cuscinoni un po' logori del mio ufficio da reporter, proprio sotto la parte di soffitto che manca, in dialogo diretto con il gancio della gru. Stendersi e riflettere. Stendersi e lasciare che la mente ricucisca con lavoro paziente i tanti momenti della mia SL. Seguire quel filo che si annoda, si libera, si riannoda, sentire il pizzicore dell'ago che entra ed esce dalla texture dei sentimenti e delle logiche. 
Dalle profondità del passato emerge l'id. Risale a molto tempo fa, è il mio peccato originario. 
Quello per cui cerco ancora espiazione, senza trovarla, perchè probabilmente cerco nei posti sbagliati. 
Si cerca il significato del peccato nei sistemi più o meno definiti che l'essere umano ha trovato per trattare con l'Infinito, ma è più in basso che bisogna guardare. E' un affare puramente umano. Il peccato dell'uomo sull'uomo, è questo che genera tormento, e il tormento è il crogiolo dell'espiazione, indecisi come sempre tra resurrezione e perdizione. Non è questa l'uscita, ma bloccati da un Lag dantesco non vediamo ancora la luce. E' così che la sofferenza diventa rappresentazione di se stessa, estremo alito di Narciso che cerca l'identità perduta. 
Annientami, solo così potrò finalmente Essere. 
Ma non è l'appello all'amato, non può che essere rivolto allo sconosciuto, al Senza-volto. 
Mi porto le mani al collo: il metallo e il cuoio del collare mi danno una lieve scossa, sussurrano che è tempo di andare. Complici e carnefici. 

sabato 3 settembre 2011

In ginocchio sui ceci. Quasi.




Già ve l'ho detto che ho un piccolo ufficio nel bosco di Astral Dreams, in passato ha svolto anche funzioni di conigliera abusiva  e di casa (abusiva anche quella ok, ma sarà capitato anche a voi di dormire in ufficio no?). Ho lottato duramente per mantenerlo, sottraendolo alle mire espansioniste del padrone , ho persino scioperato per avere le pose ergonomiche 
Ultimamente c'erano grandi lavori di ristrutturazione ad Astral, per cui evitavo di andarci: con Jack, Helly e Katy in giro c'era costantemente il pericolo di vedersi sparire il divano da sotto le chiappe, o di trovarsi mezza nuda in mezzo alla sala da ballo perchè nel frattempo avevano cambiato la disposizione e abbattuto gli alberi  
Oggi decido di rimettermi seriamente al lavoro, la nuova stagione sta per aprirsi e voglio programmare bene tutto quello che c'è da fare, per cui niente di meglio che piazzarsi di nuovo fra le foglie, con il fruscio e la vista sul mare ecc ecc. Mi oriento, un po' a fatica (con tutte le colonne spostate e gli alberi e le cose nuove, ho dovuto aggiornare i LM), ma alla fine lo trovo, il mio ufficetto. Una sprimacciata ai cuscini e...... click sulla poseball! Solo che invece di planare sofficemente sulla mia postazione... sono rimasta seduta ad angolo retto come su un cuscino per emorroidi 
Riprovo... uguale risultato. Ancora... uguale. Alzo gli occhi... script bloccati. Niente da fare. Mi toccherà un altro sciopero. Magari il 6 settembre? 







La casa selvatica

Di primo acchito mi ispirò diffidenza, persino un filo d'ansia. Chiusa tra due montagne scure, circondata dall'erba alta, seria nella sua architettura di granito e vetro, non si avvicinava al nido che cercavo. Ma passato il primo istante, quando già stavo per cambiarla, appena sotto la prima impressione si affacciò il fascino. Succede, che cose o persone abbiano il potere di attrarre subito dopo aver elicitato ripulsa: ci allontanano, e poi ci richiamano e non riusciamo a restare insensibili. 
Sarebbe stata una casa impegnativa, lo sentivo. Non il classico rifugio dove ritirarsi per una doccia e un cambio d'abito. Aveva qualcosa da dirmi, quella casa e decisi che l'avrei ascoltata. Entrai, ed era accogliente come poche, piena di angoli morbidi. Indugiai davanti al divano giallo come il sole, salii nella mansarda che ospitava il grande letto e il bagno, diedi un'occhiata alle comode poltrone delle terrazze che si affacciavano all'infinito. 
Ma alla fine mi accomodai sul tavolo della cucina, mi stesi sul bel piano di cristallo temperato fumé e lì, immobile, lasciai che il silenzio mi penetrasse.
Sì... ci appartenevamo.