Ho comprato un nuovo Moleskine. Non riesco a fare a meno di vergare a mano le parole dell’anima…
Non che non ci abbia provato. Il fratello appena appena più vecchio del mio nuovo Moleskine lo sa, ha pagato sulla pelle della sua copertina il mio tentativo di sbarazzarmi della scomoda persistenza della parola scritta. Beh… è dipeso anche dal fatto che in poche pagine era riuscito a tirarmi fuori stati d’animo talmente intesi da far male. È incredibile quanto diventino pesanti certe pagine, fardelli come quelli che i viandanti portano sulle spalle, trascinando i loro averi attraverso le strade del mondo. Era diventato così quel Moleskine, un peso nella borsetta, e se provavo a tenerlo nella tasca posteriore dei jeans beh… già sono jeans a vita bassa, tirarli ancora giù...
Colpa sua quindi.. e allora l’ho abbandonato, ancora vergine quasi completamente. Cioè…avrei voluto abbandonarlo. Ma non ne ho avuto cuore. Io, staccata dalle cose materiali fino al punto dell’incoscienza, sono invece visceralmente attaccata ad ogni pensiero scritto, mio o altrui.
È più forte di me, ci sento il profumo della mente e dell’anima, la fisicità del movimento, insomma ci sento la persona tutta in quelle parole. E così non l’ho abbandonato.
L’ho affidato a mani che mi amano, all’anima inconsapevole a cui era destinato. “Affidato” non è la parola giusta, perché presuppone una custodia per un eventuale ritorno. “Consegnato” forse è meglio. Irrimediabilmente consegnato, perché non gliene chiederò mai conto. Forse riuscirà a decifrare i segni della battaglia che quel Moleskine testimonia, forse lo lascerà nel fondo di un cassetto, forse lo userà per lasciare a sua volta traccia dell’anima sua.. sarebbe bello, non importa.
È suo ora, e con esso è sua una parte di me.
(pubblicato originariamente in data 06/12/2010)
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