Di nuovo elfo. Di nuovo piccola e bianca, in un mantello troppo grande. Di nuovo la mia solitudine fredda a stringere il cuore. E' crudele, la solitudine: lo stringe tanto fino a rattrappirlo e renderlo inutilizzabile.
Il pesante cancello dice che non ho il permesso di toccarlo, ma lo apro incurante, come chi pensa di non aver più nulla da perdere. Ho bisogno di raggiungere la madre che sta al di là dell'inferriata.
Eccomi...dall'altra parte delle sbarre. Riuscirò ad aprirle di nuovo? Prigioniera di me stessa.
Cielo, è una madre dal volto severo e dalle braccia di marmo. Non potevo trovare rappresentazione più fedele del mio SuperIo.
E tutto per una sola volta che avevo ceduto... per una sola volta, avevo lasciato andare il cuore e le forze erano perdute, la volontà allontanata e ridotta a brandelli, mentre l'ambivalenza prendeva ogni angolo libero nell'anima e la verità fuggiva per sempre. Per una sola volta...
Mi allontanai rapida, il freddo era già dentro di me e la mia pelle trasudava perle di ghiaccio.
Mi accostai all'acqua di una piscina piccola e sontuosa, neanche l'ombra di un fuoco per scaldarsi.
Mi specchiai nell'acqua chiara e compresi. Compresi che ero lì, intera, benchè quella fosse un'altra pelle, un'altra faccia. Esisteva da prima, nascosta? Si era creata dall'incontro con quell'aria, dal nulla? Aveva trasformato la materia precedente? Modellata con forze ignote? Non lo potevo sapere, probabilmente. Ma mi ero affezionata anche a questa pelle, a questo volto, a queste cicatrici, a questa fragilità. Allungai la mano verso il riflesso, agitai piano l'acqua per romperlo in mille frammenti e moltiplicarlo.
Un IM si aprì, una battuta, un saluto sull'aria tiepida di un piccolo affetto. Una risata sciolse il nodo, le lacrime scorrevano finalmente, lavando via tutto quel bianco perlaceo, lasciando respirare di nuovo la mia pelle.