Talvolta SL diventa l'espressione grafica di un viaggio tutto interiore. I luoghi che si cercano, le persone che si frequentano sono scenari e attori di una trama sconosciuta, che si interseca alle dinamiche esistenziali da cui siamo percorsi e che si svelano ai nostri stessi occhi. Non tutti i luoghi della nostra interiorità sono eden da riscoprire, e SL è maestra nel metterci davanti ad abissi di meschinità e a laghi di cristallina fragilità. Ci specchiamo, e l'avatar rimanda la nostra anima. Cerchiamo di catturarla, ma come farfalla vola via e si nasconde in una palude melmosa come le nostre miserie. L'uscita dal fango è lenta e faticosa, dolorosa come i morsi di sanguisuga. La rincorsa verso la farfalla è frenetica, fino a perdersi in un deserto di sassi. Ne prendiamo in mano un paio, e sono le dure, spigolose piccole realtà che ci compongono. Spicchiamo il volo per innalzarci al di sopra di noi, fra spiriti bianchi e puri aleggia un angelo nero: siamo ancora noi. Risate e lacrime si mescolano come leggerezza e tormento, nell'alternarsi di scenari suburbani e castelli incantati. Ho bisogno di consumare esperienze, come una mantide che vuole mangiarsi la farfalla perchè ha troppi colori, ha l'intensità della vita in sè e l'intensità se è troppa fa male.
Incrostata dal fango, lacera per le guerriglie interne, con una nuova luce negli occhi e la fronte alta. I capelli scarmigliati e i seni dritti. Sono veramente io questa, o posso difendermi dietro l'anonimità del gioco e l'alienazione del personaggio?
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