Quelli che la caccia più che la preda.
La fitta alla spalla mi svegliò bruscamente. Guardai nella direzione del dolore, la freccia aveva solo scalfito la pelle, ma era diretta a me, inequivocabilmente. Sollevai lo sguardo, era in piedi davanti a me, beffardo e sconosciuto. Con un balzo gli fui oltre e cominciai a correre, ma non perse tempo. Era abile con l'arco, e io ancora addormentata e poco pratica del luogo, per cui la mia corsa divenne una bizzarra staffetta tra canneti e sentieri troppo larghi. Mi prese quasi subito, non riuscii neanche a provare stizza. Aspettai ferma che la catena si chiudesse, e invece la sciolse. Lo guardai stranita, mentre mi spiegava come ad una bambina che non dovevo sprecare energia in una corsa sbagliata... Non rimasi ad ascoltarlo, e scappai, ma fu breve. Mi riprese, e mi lasciò andare di nuovo, con un sorriso che cominciavo a detestare per la volontà di umiliazione che nascondeva. Gli risposi male, e quello sembrò farlo reagire. Mi strinse la catena al collo e mi lanciò brutalmente nella safe zone. Gli avevo rovinato il gioco. E uno.
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