mercoledì 2 aprile 2014

L'unico vizio rimasto

E' tra noi, è dentro di noi, dice Aloisio Congrejo, si insinua...
Perchè all'invidia non siamo riusciti ancora a dare una mano di vernice bella, come abbiamo fatto con l'ozio o la lussuria o l'ira o la gola. L'invidia non è un peccatuccio bello, di cui farci vanto con finta umiltà, è quella parte oscura che più oscura dell'oscuro ci vergognamo di avere, e allora la tacciamo, la ricacciamo, la neghiamo a noi stessi. Ma Aloisio ha messo tante teste, nella sua installazione, tante teste bianche e tante teste verdi, che ci guardano e ci tengono d'occhio  in ogni nostro movimento, perchè l'invidioso nonostante tutto si sente osservato, ha paura dello svelamento eppure vuol essere visto. 
C'è sempre qualcuno che è più bravo, più bello, più fortunato di noi. Se oggi non c'è, nascerà domani. E a noi non resta che marcire in uno sguardo di cattiveria disperata, ingordi della felicità altrui, accecati da cataratte che calano sugli occhi come i veli che Aloisio mette da ogni parte e che inviluppano l'anima fermando ogni movimento. Nessuna bellezza, solo stridore e ferocia e moniti danteschi, perchè questo è il destino del peggiore di tutti i vizi, l'unico vero vizio rimasto tale, imperdonabile ed esecrabile fino alla morte. Ora che li osservo da lontano, tutti quei crani bianchi sembrano tanti molari pronti a mordere, e di nuovo diventiamo i soggetti dell'installazione, noi che morderemmo per un pezzo di paradiso, per un momento di gloria. 
Ma state tranquilli... ho usato un plurale majestatis, il soggetto rimango io e solo io, l'invidia sta nel DNA e voi siete salvi...



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