Sentivo un gran bisogno di accoglienza.
Cominciai ad intuire che non era di questo mondo.
venerdì 11 aprile 2014
martedì 8 aprile 2014
Eternamente sospesa, almeno per ora.
Il sakè caldo fra le mani, il vapore avvolgente e lo sciaquio dell'acqua. La solitudine vera a tenermi compagnia.
Vorrei liberarmi dei paradossi. La mia pelle continua a sbiadire, forse non me ne accorgo ma il sangue mi lascia, goccia dopo goccia. Lo so, da dove mi lascia: da quel paletto di frassino dritto ficcato nel cuore. Fa male da morire, ma se lo tolgo la vita se ne va a fiotti. Eternamente sospesa allora, almeno per ora.
Certo che un paletto in cuore sotto la maglietta è scomodo.
mercoledì 2 aprile 2014
L'unico vizio rimasto
E' tra noi, è dentro di noi, dice Aloisio Congrejo, si insinua...
Perchè all'invidia non siamo riusciti ancora a dare una mano di vernice bella, come abbiamo fatto con l'ozio o la lussuria o l'ira o la gola. L'invidia non è un peccatuccio bello, di cui farci vanto con finta umiltà, è quella parte oscura che più oscura dell'oscuro ci vergognamo di avere, e allora la tacciamo, la ricacciamo, la neghiamo a noi stessi. Ma Aloisio ha messo tante teste, nella sua installazione, tante teste bianche e tante teste verdi, che ci guardano e ci tengono d'occhio in ogni nostro movimento, perchè l'invidioso nonostante tutto si sente osservato, ha paura dello svelamento eppure vuol essere visto.
C'è sempre qualcuno che è più bravo, più bello, più fortunato di noi. Se oggi non c'è, nascerà domani. E a noi non resta che marcire in uno sguardo di cattiveria disperata, ingordi della felicità altrui, accecati da cataratte che calano sugli occhi come i veli che Aloisio mette da ogni parte e che inviluppano l'anima fermando ogni movimento. Nessuna bellezza, solo stridore e ferocia e moniti danteschi, perchè questo è il destino del peggiore di tutti i vizi, l'unico vero vizio rimasto tale, imperdonabile ed esecrabile fino alla morte. Ora che li osservo da lontano, tutti quei crani bianchi sembrano tanti molari pronti a mordere, e di nuovo diventiamo i soggetti dell'installazione, noi che morderemmo per un pezzo di paradiso, per un momento di gloria.
Ma state tranquilli... ho usato un plurale majestatis, il soggetto rimango io e solo io, l'invidia sta nel DNA e voi siete salvi...
Perchè all'invidia non siamo riusciti ancora a dare una mano di vernice bella, come abbiamo fatto con l'ozio o la lussuria o l'ira o la gola. L'invidia non è un peccatuccio bello, di cui farci vanto con finta umiltà, è quella parte oscura che più oscura dell'oscuro ci vergognamo di avere, e allora la tacciamo, la ricacciamo, la neghiamo a noi stessi. Ma Aloisio ha messo tante teste, nella sua installazione, tante teste bianche e tante teste verdi, che ci guardano e ci tengono d'occhio in ogni nostro movimento, perchè l'invidioso nonostante tutto si sente osservato, ha paura dello svelamento eppure vuol essere visto.
C'è sempre qualcuno che è più bravo, più bello, più fortunato di noi. Se oggi non c'è, nascerà domani. E a noi non resta che marcire in uno sguardo di cattiveria disperata, ingordi della felicità altrui, accecati da cataratte che calano sugli occhi come i veli che Aloisio mette da ogni parte e che inviluppano l'anima fermando ogni movimento. Nessuna bellezza, solo stridore e ferocia e moniti danteschi, perchè questo è il destino del peggiore di tutti i vizi, l'unico vero vizio rimasto tale, imperdonabile ed esecrabile fino alla morte. Ora che li osservo da lontano, tutti quei crani bianchi sembrano tanti molari pronti a mordere, e di nuovo diventiamo i soggetti dell'installazione, noi che morderemmo per un pezzo di paradiso, per un momento di gloria.
Ma state tranquilli... ho usato un plurale majestatis, il soggetto rimango io e solo io, l'invidia sta nel DNA e voi siete salvi...
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