Ovvio che ci vado, ed è così che mi tippo all'indirizzo segnato sul cartoncino, un indirizzo elegante ma non potrebbe essere altrimenti: due signorine buonasera mi accolgono gentili, le notecard sulla mostra e sull'artista mi vengono consegnate con un click impeccabile, l'unica nota un po' inquietante è la pesante porta di ferro grigio che tuttavia promette di portarmi nella sala espositiva. Entro, e mi trovo proiettata in un universo oscuro, dove 16 donne mi fissano implacabili, perchè se gli occhi sono lo specchio dell'anima non è nella mia che vogliono specchiarsi. Creature forti e fragili insieme, sono... Presenza. Non tollerano superficialità: si sono abbandonate completamente nelle sue mani, rivendicano il pudore dello sguardo. Sono frattali, è vero: ripetono tutte, instancabilmente, un unico motivo, la stessa storia di determinazione e di dedizione, in mille riflessi. Femminilità.
Voglio imparare e così me ne sto lì, sdraiata per terra, con i miei colori indecenti e le mie pose scomposte e le mie forme secche, approfittando della pace nel sito ancora deserto, appena prima dell'inaugurazione, e mi metto in loro ascolto.
Ma non mi parlano. Mi guardano mute, gelose, sofisticamente indifferenti, irraggiungibili.
Arrivano gli ospiti, devo alzarmi e riprendere un minimo di compostezza. Le osservo mentre catturano ognuno, ammaliano, conturbano.
Dopo un tempo che mi sembra interminabile, rimango sola di nuovo, con loro. I minuti scorrono lenti. Ogni tanto qualcuno entra e interrompe il dialogo muto che mi sembra di cogliere, sommesso, tra di loro. Ma forse è solo un'illusione. Non parlano tra di loro. Si guardano, di sfuggita, ogni tanto, e nei loro sguardi c'è tutto. C'è Akim.

Nessun commento:
Posta un commento