Molti in SL si fanno le seghe virtuali (oddio, neanche tanto virtuali, a pensarci bene ), io invece mi faccio le seghe mentali. Deliberate e organizzate
Per 22 ore al giorno devo costringere il mio pensiero nei binari stretti della razionalità, dell'organizzazione sincrona, delle convenzioni sociali. Poi mi regalo due ore nel Metaverso, e quello è il mondo delle libere associazioni e del principio di piacere. Rallento, raccolgo stimoli, osservo reazioni emotive (mie, per lo più) e le descrivo. Sono come una segretaria un po' inquieta, finchè non ho verbalizzato tutto non sto in pace. Ecco perchè continuo a meditare sul termine "frattaglie" e sulla tua mostra. Il termine frattaglie è solo il risultato di una stupida assonanza, lo sai e l'ho chiarito subito. Se avessi inteso agire un accanimento, mi sarei espressa in altro modo, avrei aperto il voice all'inaugurazione o mi sarei presentata con le Lolas al vento... insomma, mi sarei inventata ben altro che qualche sciapa riflessione appuntata sulla pagina FB. La bacheca è un posto comodo per appiccicarci i post it dei pensieri prima che fuggano, per avere qualche spunto da altri - benchè quasi nessuno commenti i miei post, e pochi li leggano, credo - per poterli riprendere e rimaneggiare, chiarendo finalmente a se stessi la direzione che l'originale voleva seguire.
Ecco allora che finalmente ho compreso il persistere di quel termine nella mia testa: era qualcosa che avevo intuito, ma ho voluto cercarne la definizione esatta, che ha a che fare con il cibarsi, che è vita, e con le carcasse, che sono morte. Ha a che fare con il fatto di trovare anche nella morte, nell'inguardabile, qualcosa di prezioso, persino di goloso. Non che le tue modelle siano inguardabili, tutt'altro (Dio me ne scampi, di affermare una cosa del genere, mi troverei l'avatar con gli spilloni in ogni dove... ). Sono bellissime invece, e ben vive e in carne, con luci e ombre, lati oscuri e ecco... ora rischio di perdermi di nuovo.
L'avatar è pixel, di per sè è carcassa. Finchè qualcuno non gli dà vita è carcassa, e poi arriva qualcun'altro e la vita gliela ruba per fissarla nell'immortalità, e allora diventa prelibatezza da intenditori, ormai rara in questo mondo standardizzato di piatti preriscaldati. Mi leccavo i baffi (che non ho) davanti a quei volti, mi immaginavo di appropriarmene attraverso un atto di cannibalismo e invece potevo solo osservare la fusione delle anime con la tua.
Fiuu, ce n'era abbastanza da diventare pazza. E in tutto questo, non riuscire a chiarire il pensiero, che è irritante per me molto prima che per gli altri,visto che scrivo per me e non ho nessuna pretesa di giudicare il lavoro di alcunchì se non positivamente, perchè riconosco se non altro l'impegno, persino nel più strappapixel degli pseudoartisti, e tu che mi conosci da parecchio dovresti saperlo piuttosto bene, che non mi sono mai permessa di sputtanare nessuno pubblicamente, al massimo punzecchiare tanto per sorridere, possibilmente insieme.
Insomma, come dici tu, mi son fatta un film tutto mio? Sempre. La vita è un film, SL è una sequela di film, un serial di 12 stagioni, un desperate housewifes perpetuato nell'immobilità del virtuale. E continuerò a farmi film, uno dopo l'altro, e l'assoluta primadonna sarò io. Ma una particina te la salvo, se vuoi. Qualche piccolo cameo.
Bene, con questa ultima battuta mi sono fottuta decisamente la nostra amicizia, e ora ti sentirai pronto per un liberatorio AFK, che non significa solo Away From Keyboard...
Che ti posso dire... ti amerò comunque
Gelosamente tua,
Mo
martedì 21 maggio 2013
La conversazione è grigia
Adoro tornare nelle galleria d'arte il giorno seguente all'inaugurazione di una mostra. Tacciono i mormorii vari della sera prima, sfumano nell'aria come spirali di fumo e si portano via le sperticate lodi, le sussurrate critiche, gli apprezzamenti sinceri e le perplessità semplici. Tutto via, solo pace rimane, e l'opera dell'artista che canta sottovoce. In quel momento mi piace sedere, ed ascoltare.
La mostra di Antenna Rae è tutta una sinfonia di colori pastello, piccole note che trillano leggere nell'aria. Il Sogno della Ragazza Cattiva ha qualche contrasto in più, qualche colore più saturo: l'ho sempre pensato, che dovrei diventare più stronza per riuscire finalmente ad avere sogni decenti.
Per il resto, come dicevo, sembra di stare in una scatola di acquerelli, finchè si arriva davanti a The Conversation. Grigia. Controllo due volte, su e giù per gli enormi scalini che forse sono tasti di un pianoforte, non lo so. Però non c'è dubbio. Tanti colori, ma si conversa in grigio. Ecco, ora mi pento di non aver chiesto all'artista il significato di quel quadro nelle sfumature del grigio. Il nazional-popolare purtroppo ha inquinato di turpitudine le sfumature del grigio, io invece trovo affascinante che si usi questo non-colore per raccontare la conversazione, uno fra gli atti più complessi e creativi della mente umana. Delusa, l'artista, dal piattume delle conversazioni quotidiane, in SL quanto in RL? Non credo, non sarebbe in linea con l'ottimismo effervescente delle bolle colorate negli altri quadri. No, piuttosto l'intreccio di reti fitte di pensieri e parole e gesti e silenzi, qualche volta confusi, qualche volta limpidi, raramente espressi. Sì, la conversazione è grigia. Per colorarla, ci vuol la sensibilità del pittore e la fatica dell'imbianchino.
PS: fino al 2 giugno 2013, la mostra di Antenna Rae la trovate qui
La mostra di Antenna Rae è tutta una sinfonia di colori pastello, piccole note che trillano leggere nell'aria. Il Sogno della Ragazza Cattiva ha qualche contrasto in più, qualche colore più saturo: l'ho sempre pensato, che dovrei diventare più stronza per riuscire finalmente ad avere sogni decenti.
Per il resto, come dicevo, sembra di stare in una scatola di acquerelli, finchè si arriva davanti a The Conversation. Grigia. Controllo due volte, su e giù per gli enormi scalini che forse sono tasti di un pianoforte, non lo so. Però non c'è dubbio. Tanti colori, ma si conversa in grigio. Ecco, ora mi pento di non aver chiesto all'artista il significato di quel quadro nelle sfumature del grigio. Il nazional-popolare purtroppo ha inquinato di turpitudine le sfumature del grigio, io invece trovo affascinante che si usi questo non-colore per raccontare la conversazione, uno fra gli atti più complessi e creativi della mente umana. Delusa, l'artista, dal piattume delle conversazioni quotidiane, in SL quanto in RL? Non credo, non sarebbe in linea con l'ottimismo effervescente delle bolle colorate negli altri quadri. No, piuttosto l'intreccio di reti fitte di pensieri e parole e gesti e silenzi, qualche volta confusi, qualche volta limpidi, raramente espressi. Sì, la conversazione è grigia. Per colorarla, ci vuol la sensibilità del pittore e la fatica dell'imbianchino.
PS: fino al 2 giugno 2013, la mostra di Antenna Rae la trovate qui
giovedì 16 maggio 2013
Quando il diggei saluta l'ovner
Mi svegliai sul tappeto davanti al caminetto, mi alzai e mi preparai il caffè. Il ricordo di una serata coccolosa mi accarezzò, peccato fosse durata così poco. Si sottovaluta spesso la potenza della tenerezza.
Avrei dovuto mettermi al lavoro su una replica, i fogli bianchi stavano sul tavolo, gli appunti erano sparsi un po' ovunque, ma i neuroni non risposero all'appello. Si aprì la finestrella degli IM con lo scampanellio usuale: era Helly che chiamava a raccolta per una serata rock ad Astral Dreams. Infilai jeans e maglietta e mi tippai. L'ambiente era molto informale, e per una volta il rock era solo rock (è quasi una bestemmia, lo so...). O forse non ero io sufficientemente in tono, mi sentivo strana. Dopo il secondo crash, accettai un invito per un ballo romanticamente solitario, ma la musica era sbagliata, non ci azzeccava. Tanto valeva farsi un giro in disco, le discoteche tanto disprezzate in SL, che pure rimangono il principale luogo di aggregazione e di conoscenza, con buona pace di quelli che non hanno un cervello che gira a criceti... :-)
Quando poi trovai l'improvvisato diggei che salutava l'oVner.... mi sentii appppposto: potevo mandare a riposare anche gli ultimi due neuroni.
Avrei dovuto mettermi al lavoro su una replica, i fogli bianchi stavano sul tavolo, gli appunti erano sparsi un po' ovunque, ma i neuroni non risposero all'appello. Si aprì la finestrella degli IM con lo scampanellio usuale: era Helly che chiamava a raccolta per una serata rock ad Astral Dreams. Infilai jeans e maglietta e mi tippai. L'ambiente era molto informale, e per una volta il rock era solo rock (è quasi una bestemmia, lo so...). O forse non ero io sufficientemente in tono, mi sentivo strana. Dopo il secondo crash, accettai un invito per un ballo romanticamente solitario, ma la musica era sbagliata, non ci azzeccava. Tanto valeva farsi un giro in disco, le discoteche tanto disprezzate in SL, che pure rimangono il principale luogo di aggregazione e di conoscenza, con buona pace di quelli che non hanno un cervello che gira a criceti... :-)
Quando poi trovai l'improvvisato diggei che salutava l'oVner.... mi sentii appppposto: potevo mandare a riposare anche gli ultimi due neuroni.
sabato 11 maggio 2013
I sei anni di Sardigna
Serata piena di avvenimenti mondani, ieri, ma non ho mancato alla festa per i sei anni di Sardigna. Sei anni in SL sono una vita, il tempo va calcolato in un'altra maniera, un po' come si fa con i cani. Ultimamente non la frequentavo, ma c'ho passato dei momenti belli, interessanti, culturalmente stimolanti. L'aria frizzante di chi fa le cose per passione della propria terra non può che ispirare simpatia.
Mi sono tippata, mi attendevo qualche ricostruzione magicamente vicina a RL e invece la festa stava in una boccia di vetro sotto il mare. Fantastico. Perchè chi ha storia non ha niente da dimostrare, può permettersi di dimenticarla di tanto in tanto, il tempo di qualche ballo e dei saluti ai numerosissimi amici intervenuti.
Storia ne ha la Sardegna, storia ormai può dire di averla Sardigna. Mille di questi anni :)
giovedì 9 maggio 2013
Frattaglie d'anime, e animelle di avatar
Sì lo so che Fractals non significa frattaglie, e che quindi la SoulFractals di Akim Alonzo non è traducibile con Frattaglie d'Anime. So anche di aver già scritto di Akim Alonzo, in varie riprese (andatevi a cercare nell'archivio tutti i vari post su Secunda Vida, per esempio, oppure...), e di aver già tradito la mia ammirazione per il suo talento - d'altra parte è sua la foto in testa a questo blog. E' che sento il bisogno di sdrammatizzare, perchè sto in soggezione davanti a questo invito per una personale di ritratti con l'anima nel nome.
Ovvio che ci vado, ed è così che mi tippo all'indirizzo segnato sul cartoncino, un indirizzo elegante ma non potrebbe essere altrimenti: due signorine buonasera mi accolgono gentili, le notecard sulla mostra e sull'artista mi vengono consegnate con un click impeccabile, l'unica nota un po' inquietante è la pesante porta di ferro grigio che tuttavia promette di portarmi nella sala espositiva. Entro, e mi trovo proiettata in un universo oscuro, dove 16 donne mi fissano implacabili, perchè se gli occhi sono lo specchio dell'anima non è nella mia che vogliono specchiarsi. Creature forti e fragili insieme, sono... Presenza. Non tollerano superficialità: si sono abbandonate completamente nelle sue mani, rivendicano il pudore dello sguardo. Sono frattali, è vero: ripetono tutte, instancabilmente, un unico motivo, la stessa storia di determinazione e di dedizione, in mille riflessi. Femminilità.
Voglio imparare e così me ne sto lì, sdraiata per terra, con i miei colori indecenti e le mie pose scomposte e le mie forme secche, approfittando della pace nel sito ancora deserto, appena prima dell'inaugurazione, e mi metto in loro ascolto.
Ma non mi parlano. Mi guardano mute, gelose, sofisticamente indifferenti, irraggiungibili.
Arrivano gli ospiti, devo alzarmi e riprendere un minimo di compostezza. Le osservo mentre catturano ognuno, ammaliano, conturbano.
Dopo un tempo che mi sembra interminabile, rimango sola di nuovo, con loro. I minuti scorrono lenti. Ogni tanto qualcuno entra e interrompe il dialogo muto che mi sembra di cogliere, sommesso, tra di loro. Ma forse è solo un'illusione. Non parlano tra di loro. Si guardano, di sfuggita, ogni tanto, e nei loro sguardi c'è tutto. C'è Akim.
Ovvio che ci vado, ed è così che mi tippo all'indirizzo segnato sul cartoncino, un indirizzo elegante ma non potrebbe essere altrimenti: due signorine buonasera mi accolgono gentili, le notecard sulla mostra e sull'artista mi vengono consegnate con un click impeccabile, l'unica nota un po' inquietante è la pesante porta di ferro grigio che tuttavia promette di portarmi nella sala espositiva. Entro, e mi trovo proiettata in un universo oscuro, dove 16 donne mi fissano implacabili, perchè se gli occhi sono lo specchio dell'anima non è nella mia che vogliono specchiarsi. Creature forti e fragili insieme, sono... Presenza. Non tollerano superficialità: si sono abbandonate completamente nelle sue mani, rivendicano il pudore dello sguardo. Sono frattali, è vero: ripetono tutte, instancabilmente, un unico motivo, la stessa storia di determinazione e di dedizione, in mille riflessi. Femminilità.
Voglio imparare e così me ne sto lì, sdraiata per terra, con i miei colori indecenti e le mie pose scomposte e le mie forme secche, approfittando della pace nel sito ancora deserto, appena prima dell'inaugurazione, e mi metto in loro ascolto.
Ma non mi parlano. Mi guardano mute, gelose, sofisticamente indifferenti, irraggiungibili.
Arrivano gli ospiti, devo alzarmi e riprendere un minimo di compostezza. Le osservo mentre catturano ognuno, ammaliano, conturbano.
Dopo un tempo che mi sembra interminabile, rimango sola di nuovo, con loro. I minuti scorrono lenti. Ogni tanto qualcuno entra e interrompe il dialogo muto che mi sembra di cogliere, sommesso, tra di loro. Ma forse è solo un'illusione. Non parlano tra di loro. Si guardano, di sfuggita, ogni tanto, e nei loro sguardi c'è tutto. C'è Akim.
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