martedì 18 dicembre 2012

Tante brave bambine in fila per tre.



Certe volte si crea una simpatia dal nulla, da piccole onde impercettibili perse nell'etere. Così succede che ti trovi alla mostra di Aliza Karu, semplicemente perchè non puoi farne a meno.
Ospitata in un capannone di Pyramid Cafè,  la successione delle sue creature ci accoglie, ordinata. Tante brave bambine in fila per tre, con le cornici di metallo come rassicuranti grembiulini di scuola che chiudono e uniformano. Ma... se è la mostra di Aliza, deve esserci un ma: infatti, le buone bambine di Aliza hanno l'inferno dentro, baciano la morte, si legano alle lapidi, ingabbiano il cervello per esibire le idee. E si sa, esibire le idee per una donna può essere più scandaloso che esibire pezzi di corpo. Quindi le creature di Aliza scandalizzano, perchè sono idee in mostra, emozioni serrate in corpi e pudicamente, solo pudicamente esposte, come caviglie nude e non di più.
Virginee, incolpevoli presenze di un manicomio desolato, o formose autosufficienti bellezze, si trafiggono di occhi il petto pur di accendere uno sguardo, ma poi se ne stanno indifferenti nella prospettiva in cui le hanno fissate, senza curarsi della fatica dell'osservatore che deve torcere il collo per coglierne i lineamenti.
Vorrei stendere la mano, entrare in uno di questi paesaggi abitati solo dall'anima, perchè le cose intorno sono meravigliosamente cadenti e decadenti, sembrano morte, ma mi trattengo, non mi fido, c'è quasi sicuramente uno scherzo macabro che aspetta, una trappola non mortale ma sufficientemente infida. Mi dò il tempo di scannerizzare ogni dettaglio, di registrare ogni ombra, poi decido di rischiare, allungo la mano e le accarezzo il volto. Il lampo fugace negli occhi mi dice che ci siamo riconosciute.
Un maglione di lana oversize pende dal soffitto. Le eteree creature non ne abbisognano. Lo indosso per scaldarmi il cuore. Pensa proprio a tutto, Aliza.




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