sabato 16 giugno 2012

Non aprite quella porta.

Raccolgo il cuore e accarezzo la penna. Socchiudo appena la porta del cuore, ed un fiume irrompe. Allora la chiudo e mi ci appoggio con le spalle per chiuderla bene, per serrarla proprio. Ho cambiato idea. Perchè non voglio emozioni, le emozioni sono una rottura di poseballs e non fanno che confondere la mente. Già ne posso usare solo metà, di mente, visto che è in comproprietà, figurarsi se posso lasciarla preda di sbalzi neurochimici.
Suppongo che sia ora di svegliarsi, ora di prendere in mano lo zaino e partire di nuovo. E' ora di guardare in faccia la realtà che le passioni hanno velato, e del velo di Maya chissenefrega.
Parto, mi faccio violenza stringendo i pugni, per non voltarmi indietro. Vado avanti e avanti, finchè le città si diradano, i boschi si ritirano, arriva il deserto. Avanzo ancora, finchè la distesa di sabbia è dietro e me e davanti a me. Allora comincio a scavare tante piccole fosse, una per ogni ricordo, una per ogni battito. Pensavo di diventare più leggera, e finchè resto chinata a fare buchi e a riempirli di emozioni, sembra funzionare. Ma quando ho finito, quando ho cacciato anche l'ultimo residuo di ricordo nella sua tomba, con rabbia e violenza e frustrazione, cerco di alzarmi. Non posso farlo, perchè la sabbia che ho tolto per fare le fosse è finita nelle mie tasche e ora mi tiene a terra, agganciata al suolo.
Non mi resta che stendermi sulla schiena, faccia in su. E' diventato buio, ormai, e le stelle sembrano incredibilmente lontane. Sotto di me, i battiti continuano flebili, nella sabbia i ricordi palpitano ancora, debolmente. Sarà una lunga notte.  





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